A Palermo ci sono trecento giorni di sole ogni anno. Nonostante ciò, sotto il suo cielo azzurro vengono commessi i più efferati omicidi. Il 29 luglio 1983 Rocco Chinnici venne ucciso con un’autobomba davanti casa sua. Era capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo dal 1979 ed era un magistrato scomodo. Scomodo perché aveva già capito tutto: le dimensioni gigantesche della mafia, la sua pericolosità, i collegamenti con altre organizzazioni criminali, il fiume di denaro che aveva invaso Palermo grazie allo spaccio degli stupefacenti, persino il forte e inquietante rapporto tra mafia e politica. Le sue intuizioni, dalle indagini finanziarie al coordinamento della polizia giudiziaria, dal reato di associazione a delinquere al lavoro in pool, sono state le basi del maxiprocesso di Palermo. Lui stesso è stato il capo e il maestro di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. A quarant’anni dal suo tragico omicidio, il figlio Giovanni ne ripercorrerà per noi la storia, mostrandoci come Rocco Chinnici «abbia cambiato per sempre il modo di essere magistrato».